QUEI TITOLI CHE SONO SALITI “TROPPO”: E’ MEGLIO DISFARSENE SUBITO PER EVITARE DI GUADAGNARE?

Alcuni investitori sono dei veri e propri masochisti. E il bello è che non se ne rendono conto. Appena guadagnano vendono. E quando iniziano a perdere su un titolo diventa loro per sempre. Non lo venderanno mai. Ma è sensato fare le “sveltine” con quelli che salgono e accasarsi per la vita con quelli che scendono? Quali sono i titoli su cui nell’ultimo anno abbiamo puntato e quali ancora nei nostri portafogli e perché non ce ne siamo disfatti dopo un tot di guadagno come molti risparmiatori pensano che sia giusto?

MoneyReport, il blog di SoldiExpert SCF

Il blog di SoldiExpert SCF

Qualcuno potrebbe pensare che il titolo di quest’articolo è un refuso. Il problema qualcuno penserà è quando i titoli scendono troppo, non quando salgono troppo!

Invece no. In molti anni di esperienza ho scoperto che una delle più temibili trappole per molti investitori anche esperti e cosiddetti trader è gestire non solo le posizioni in perdita ma anche quelle in guadagno.

C’è una frase del saggio di Omaha (al secolo Warren Buffett) che rende bene il concetto:

Vendere i titoli quando s’è guadagnato abbastanza e tenere quelli su cui si sta perdendo è come tagliare i fiori e innaffiare le erbacce”.

Eppure molti investitori amano tagliare i fiori mentre stanno sbocciando per tuffarsi nelle erbacce.

In questi mesi nei nostri portafogli di SoldiExpert SCF abbiamo aperto posizioni su titoli (quelli sottostanti li abbiamo mentre scriviamo ancora in portafoglio) che sono saliti dalla prima segnalazione di oltre il 70-80% in meno di un anno.

Parlo di società come Luxottica (+100,56, Gemina +95,12, Azimut +92,68, Banca Generali +81,1%. Banca Ifis + 69,81%, Erg +52,44%)…

 

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E anche su fondi e Etf su alcune posizioni il guadagno maturato è stato significativo è non perché il guadagno è diventato a 2 cifre abbiamo deciso di liquidare la posizione, mettendo un “tetto”. Certo prima o poi chiuderemo queste posizioni ma fino a quando la tendenza del titolo è rialzista e non è scalfita non ci viene assolutamente in mente di chiuderla perchè è “salita tanto”.

“Trend is your friend” dicono negli Stati Uniti. Ovvero la tendenza ti è amica.

“Fin che la barca va lasciala andare” cantava Orietta Berti. E a modo suo voleva dire la stessa cosa.

Eppure mi sembra di capire dopo tanti anni che faccio questa professione che l’idea di mettere un tetto ai guadagni (mai alle perdite, ahimè) è un pensiero che accomuna molti investitori insospettabili e resiste al detto che dovrebbe essere invece il vero Vangelo di ogni investitore “Fai correre i profitti e taglia le perdite”.

Sono probabilmente di tipo psicologico le ragioni che spingono molti risparmiatori a voler mettere un “tetto” ai guadagni. Quello psicologico irrazionale come insegna la finanza comportamentale perché è ben difficile trovare un’evidenza empirica alla bontà di questa strategia.

Sui molti dei titoli che cito sopra ti confesso che in molti casi alcuni risparmiatori già dopo un 15-20% o 40% di guadagno ci chiedevano perché non chiudevamo la posizione e non “ci portavamo a casa i profitti”. Preoccupati perché magari per alcune sedute lasciavano sul terreno parte dei guadagni. E d’altra parte alcuni risparmiatori per esperienza so che faticano a entrare in posizione su titoli già saliti perché pensano che oramai si sono persi il treno ed è troppo tardi…

E “gufano” quasi sperando che questi titoli scendano perché non li hanno in portafoglio. Funziona anche così il nostro cervello umano quando si parla di soldi.

Un giorno (e troverò questa simulazione in qualche parte del computer e la pubblicherò o la rifarò) con il nostro Ufficio Studi, ci siamo divertiti a simulare il comportamento di una serie di portafogli di azioni, materie prime, fondi o Etf e applicando la regola che dopo un tot di guadagno predefinito si sarebbe chiusa la posizione dopo. Il risultato? Una regola senza senso e perdente. Con un’unica eccezione.

Avevamo visto che si poteva applicare questa regola con un qualche risultato al mercato delle materie prime dove nel caso una commodity in portafoglio fosse salita di oltre il 40% (non proprio poca cosa) a quel punto poteva avere uscirne dopo una certa discesa (il cosiddetto “trailing stop” in gergo tecnico se mangiate pane e trading system) in aggiunta ai nostri consueti filtri.

L’importanza di non muoversi a naso..

Se si vuole investire razionalmente sono dell’idea infatti che qualsiasi regola vada testata e il comportamento va verificato nel tempo in una logica di portafoglio per capire statisticamente come funziona. Magari può andare bene una volta uscire da un titolo dopo un tot di guadagno ma per dire se questa regola è veramente una regola (e non un qualcosa frutto del caso) occorre testarla a fondo nel tempo e verificare il comportamento di un portafoglio a cui viene applicata questa strategia.

Ed è questo l’approccio che utilizziamo nei nostri portafogli e nella consulenza che offriamo agli investitori ed è la ragione per cui molti risparmiatori comprendono l’utilità di affidarsi a un consulente finanziario indipendente il cui lavoro (nel nostro caso è questo e non rassicurare sull’aldilà o sul lungo periodo) è proprio quello di analizzare i mercati e soprattutto le strategie più efficienti per far crescere il patrimonio dei propri clienti, proteggerlo nelle fasi avverse e fare il suo interesse economico. Dichiarazioni non di principio perché nel nostro caso parlano i risultati realizzati che non stati raggiunti in questi anni nemmeno da oltre il 90% dei cosiddetti gestori professionisti.

Eppure questa ossessione di molti risparmiatori di volersi disfare dei titoli che salgono è incredibile ed è frequente anche in molti trader che si fanno prendere dalla smania di comprare e vendere, passando da una storia all’altra, da un cavallo all’altro con il rischio molto elevato di scendere da un purosangue che corre per saltare in groppa a un brocco. Tutto miele naturalmente per gli intermediari che hanno bisogno di un popolo di “farfalloni” che passa da una speculazione all’altra, lasciando ogni volta sul tappeto un mucchietto di commissioni.
Preferireste stare investiti per 8 mesi sullo stesso titolo e guadagnare il 50% netto oppure entrare e uscire in continuazione nello stesso periodo su 20 operazioni e guadagnare magari il 10% netto? La seconda che ho detto evidentemente per molti.
Per me (sarò strano) è meglio comunque stare in groppa al titolo che sale il più tempo possibile.

“Ma un titolo non può salire all’infinito” obietterà qualcuno. E’ vero, certamente. Ma stabilire a priori che è corso troppo è spesso un errore di auto-sopravvalutazione del proprio giudizio E potrei aprire il mio libro dei ricordi per raccontarvi di Borse o azioni salite fino a livelli impensabili senza parlarvi del periodo 1999-2000 dove abbiamo visto società “concept” arrivare a valere decine di miliardi di euro con il consensus del mercato degli analisti e degli “esperti” dire che ancora il bello doveva venire…

Arriva certo ineluttabile il momento di vendere. E nel caso dei titoli nei nostri portafogli proprio perché crediamo all’importanza del market timing abbiamo elaborato nella consulenza patrimoniale personalizzata o in quella generica di SoldiExpert SCF in questi anni sia delle regole per decidere il momento di acquisto che quello di vendita (e questo vale per le azioni come per i fondi o gli Etf sia azionari che obbligazionari e quello che ci interessa non è avere SEMPRE ragione (quello ci sembra un obiettivo fuori dalla nostra portata) ma averlo un numero elevato di volte portando le probabilità di guadagno dalla nostra parte.

E’ di questo che si occupa il cosiddetto “money management”. Un termine che si riferisce alle tecniche di “gestione del denaro” mirate alla massimizzazione dei profitti e alla riduzione potenziale delle perdite. Insomma il complesso di regole atte alla gestione efficiente del patrimonio e che è una parte essenziale del nostro lavoro come di qualsiasi vero consulente finanziario il cui compito di consigliare i titoli da mettere in portafoglio è solo uno delle parti del suo lavoro ma non quella finale.

Io amo Peter Lynch. Ecco perché…

Uno dei libri più belli che ho letto molti anni fa sugli investimenti è stato scritto da Peter Lynch, il gestore del mitico fondo Magellan della Fidelity. Perché “mitico”?

Perché sotto la sua gestione il fondo da lui diretto riuscì fra il 1977 e il 1990 a portare le masse gestite da 18 milioni di dollari a oltre 14 miliardi di asset con un rendimento annuo per i suoi sottoscrittori del 29,2%. Un risultato ancora oggi incredibile.

Nei suoi libri (“One Up on Wall Street” o “Beating The Street”) si possono leggere molte perle di saggezza. Il suo approccio era da “fondamentalista” ma la testa era quella di un investitore “quant” che conosce la legge dei Numeri.

Nessuno, nemmeno il più grande dei trader o investitori realizza solo operazioni positive. E non esiste nessun sistema in grado di generare solo operazioni in profitto.

“In questa attività, se sei bravo, hai ragione sei volte su dieci. Non è mai capitato di avere ragione nove volte su dieci”.

E nella sua frase c’è sopra ben sintetizzata tutta l’essenza di chi oggi vuole operare sui mercati (piccolo o grande investitore o trader) e le regole importanti che deve conoscere. Se pensa invece di aver trovato il sistema per guadagnare sempre, dieci volte su dieci, o trova qualcuno che gli racconta questa storia e ci crede veramente posso solo dire una cosa: è un investitore destinato a cocenti delusioni. E perdite.

E riguardo all’importanza di far correre i profitti senza accontentarsi delle briciole o delle sveltine uno dei concetti della strategia d’investimento di Peter Lynch espressa con maggiore convinzione è proprio quello della necessità di andare a caccia di “ten-baggers” al fine di ottenere performance superiori.

Il termine ten-bagger è entrato poi nel gergo comune di Wall Street per identificare un titolo azionario la cui quotazione si moltiplica per dieci, ed è poi stato generalizzato in “multi-bagger” semplicemente contando per quante volte l’investimento iniziale si moltiplica. Peter Lynch attribuisce, infatti, buona parte del suo straordinario successo come gestore azionario all’aver avuto in portafoglio, nel corso dei 14 anni alla guida del Magellan, un piccolo numero di multi-baggers. Ovvero titoli che si sono apprezzati in modo significativo.

Certo trovare titoli che salgono oltre 10 volte il valore iniziale soprattutto per noi investitori italiani o europei non è cosa facile perché di storie di questo tipo ne abbiamo viste poche soprattutto negli ultimi 10 anni ma proprio per questo volersi disfare di un titolo solo perché “è salito troppo” o altro discorso molto comune non volerlo comprare perché “a questo punto il più della corsa l’ha fatta” è statisticamente un harakiri per la maggior parte degli investitori.

D’altra parte osserviamo in questo esempio la logica spietata dei numeri. Immaginate di avere 8 titoli in portafoglio di cui 3 nell’arco degli ultimi anni sono saliti del 5-15%, su 2 siete in perdita, su 2 in modesto guadagno e su un titolo invece avete maturato un guadagno a 3 cifre percentuali.

Che cosa viene fuori dall’esame di questo portafoglio? Che se avessimo deciso di mettere un tetto ai guadagni e liquidare la posizione sul titolo BRAVO solo perché era salito del 15% il rendimento del nostro portafoglio in un anno sarebbe stato del 5,62% invece che del 18,03%. Una bella differenza, no?

 

Scovare società o anche mercati (tramite Fondi o Etf) con forti prospettive di rivalutazione e saperle cavalcare è il vero valore aggiunto di una buona gestione di portafoglio e naturalmente può certo capitare di vendere troppo presto un titolo perché si è sbagliata valutazione o il titolo ha dato un falso segnale. Sembrava che ritracciasse e la corsa era finita invece il titolo aveva solo rifiatato. Ci può stare.

Ma farlo scientemente ovvero liquidare un titolo solo perché ci sembra che sia “salito troppo” è qualcosa che potrebbe costarci molto caro nel tempo in termini di risultati del nostro patrimonio.

Sia chiaro: non esistono metodi infallibili per vendere i titoli ai massimi e sicuramente quando usciremo dalle posizioni su alcuni titoli dove stiamo attualmente in forte guadagno ci potremo rammaricare per non avere venduto una settimana o un mese prima. Ma il rammarico (e non solo il rammarico) più forte sarebbe stato statisticamente parlando non essere entrati proprio su quel titolo o averne catturato solo una piccola frazione.

Noi non sappiamo quali sono i minimi e quali sono i massimi dei titoli ma ai nostri clienti forniamo una metodologia provata che accresce le probabilità di ottenere guadagni e limitare le perdite come dicono i risultati realizzati sul campo in confronto all’andamento del mercato. E questo ci chiedono i nostri clienti e per questo ci giudicano nel tempo. Crediamo.

D’altra parte se anche della nostra vita togliamo le migliori prestazioni (in tutti i campi) saremmo probabilmente solo delle persone mediocri. E se non vogliamo essere delle persone mediocri e non vogliamo che il nostro patrimonio sia investito in modo mediocre quindi non dobbiamo accontentarci o mettere un “tetto”.

Tarparsi le ali può voler significare non solo non spiccare il volo ma rischiare pure di finire nel burrone.

 

 

Salvatore Gaziano

Responsabile Strategie di Investimento di SoldiExpert SCF

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